domenica 22 marzo 2009

COMMENTO A: MEDIA SOCIALI O STRUMENTI DI CONTROLLO “CONDIVISI


L’articolo di Luca Valente affronta il problema della privacy legato in particolare all’utilizzo di
social networks e di widget come Social Feet. Senz’altro si tratta di una preoccupazione giustamente condivisa, ma se ci riflettiamo un attimo secondo me siamo di fronte ad una contraddizione. La forte adesione ai media sociali è infatti mossa principalmente dal bisogno/desiderio dell’esposizione del se. Nonostante l'esistenza di altre motivazioni il primo stimolo ad iscriversi ad un social network è senz'altro lui, il vecchio e sano esibizionismo.

Personalmente non trovo nulla di male in esso, anzi secondo me è anche una forte necessità del nostro tempo. Con la perdita della comunità si è infatti venuta a creare sul piano delle relazioni interpersonali una dimensione molto dispersiva.
Oggi la contingenza ci offre la possibilità di conoscere un numero pressochè infinito di persone, con le quali però manteniamo, nella maggior parte dei casi, relazioni di tipo superficiale.
Tutto ciò in contrapposizione con quanto solitamente avveniva all’interno della dimensione comunitaria, in cui il range di possibilità era limitato ai membri della comunità stessa, ma i rapporti che si venivano a creare tra questi ultimi erano inevitabilmente più stretti ed intimi. Ciò portava ad una diminuzione di quella che oggi chiamiamo privacy. Nel ventunesimo secolo di privacy ce n'è fin troppa e ciò ha influito sui rapporti umani. Forse stiamo sentendo il bisogno di ricreare una dimensione che sia più nostra, fatta di relazioni più intime. I nuovi social media possono essere una risposta a questo. E così nasce la necessità di mostrarsi, di farsi conoscere attraverso le foto o i video pubblicati su Facebook, attraverso i gruppi a cui si è deciso di partecipare, con lo scopo di farsi conoscere e di condividere il quotidiano con gli altri, qualcosa che spesso manca nella vita di tutti i giorni.
La contraddizione sta nel fatto che da una parte abbiamo chi ricerca una minore riservatezza attraverso l'iscrizione ai social networks e l'utilizo di tecnologie 2.0, dall'altra ivece, puntando il dito contro i media sociali, c'è chi porta avanti la propria crociata in nome della privacy perduta.
Secondo Luca Valente c’è una consapevolezza diversa nel nostro agire sulla rete rispetto all’agire fisico. In quest’ultimo caso infatti sembrerebbe che le scelte vengano fatte con maggiore consapevolezza grazie alla presenza di qualcosa che noi percepiamo come contesto. Su Internet invece “La scelta non si differenzia in base all’ambiente (il sito, il social network) ma viene ripetuta in maniera automatica ed indistinta, decontestualizzata e resa inconsapevole.”(Luca Valente)
Probabilmente è a causa di questa inconsapevolezza di fondo che spesso nascono situazioni imbarazzanti e problemi di riservatezza legati ad un utilizzo a volte improprio del web. La risposta più frequente a questo genere di episodi è la solita "demonizzazione"di Internet, descritto come un'incombente minaccia alla privacy.
Queste visioni apocalittiche non fanno che allontanare i già scettici e poco convinti allo sfruttamento delle opportunità che le nuove tecnologie ci offrono.
Voi cosa ne pensate? Vedete il web come un pericolo per la vostra riservatezza o piuttosto pensate sia ancora la poca consapevolezza del mezzo a provocare certi episodi spiacevoli?

D’Angeli Mara

Nessun commento:

Posta un commento